Il mondo è pieno di villaggi, quartieri, centri storici o intere città in cui gli edifici presentano tinte che sembrano uscite dal pennello di un artista. Vi porteremo in viaggio tra le più interessanti. Stavolta andremo in Marocco, nella parte settentrionale del paese, ai piedi delle montagne del Rif. Qui sorge Chefchaouen, detta anche “la perla blu del Marocco”, per via dei suoi caratteristici edifici colorati.
Le origini multiculturali di Chefchaouen
Tra gli inizi del VIII secolo e la fine del XV la penisola iberica fu sconvolta da più di 700 anni di guerre tra cristiani e arabi. Il lungo periodo, comunemente denominato La Reconquista, ha visto grandi esodi ed espulsioni di massa dalla Spagna e dal Portogallo, che hanno coinvolto soprattutto musulmani ed ebrei. Alcuni di essi, dall’Andalusia, giunsero nel ‘400 in un territorio a quasi 600 metri di altitudine, ai piedi della catena del Rif.
Qui, nel 1471, il comandante militare Ali ibn Rashid al-Alami aveva fondato una casba, cioè una cittadella fortificata, per difendersi dall’invasione portoghese. Il nome scelto per il luogo fu Chefchaouen, che significa “guarda ai due corni”, in riferimento alla due cime montuose visibili dall’insediamento.
Lì gli esiliati costruirono abitazioni in stile andaluso, e la città continuò ad espandersi, attirando nuovi abitanti, artisti e architetti.
Nel corso dei secoli, Chefchaouen venne conquistata diverse volte. Considerata una città sacra, rimase inaccessibile ai cristiani per molto tempo, fino al 1920, quando cadde in mani spagnole, per poi ritornare sotto il dominio marocchino solo nel 1956. Nel frattempo ospitò numerosi profughi ebrei in fuga dalla Germania nazista.
La perla blu
Oggi Chefchaouen ha circa 30.000 abitanti. Ciò che la rende davvero speciale — oltre alle moschee, all’architettura che unisce influenze arabe e spagnole, e all’antica casba che ha dato origine al luogo — sono gli edifici blu.
Dipinti in molteplici sfumature, hanno donato alla città, come già accennato, l’appellativo di “perla blu del Marocco”.
Da dove arrivi questa curiosa e affascinante caratteristica, tuttavia, nessuno lo sa. E nemmeno si conosce il momento in cui le strutture di Chefchaouen hanno iniziato ad assumere questa tinta. Le ipotesi, in realtà, sono molte, ma nessuna di esse è corroborata da prove certe.
Le ipotesi sulle origini degli edifici blu
Le due congetture più gettonate derivano la storia stessa di Chefchaouen. C’è chi sostiene che i “responsabili” del blu siano gli ebrei in fuga dalla Spagna del ‘400. Il colore avrebbe infatti simboleggiato una sorta di paradiso in terra: quel luogo tra i monti era stato per loro un approdo sicuro dopo molte sofferenze.
Altri confermano la tesi dell’origine ebraica ma spostandola molto più avanti sulla linea del tempo. Quel blu/azzurro sarebbe infatti stato opera del “popolo di Mosè” giunto lì per scappare dagli orrori del Terzo Reich.
Altre teorie puntano invece l’attenzione su aspetti più pratici: la tinta sarebbe utile per contrastare il caldo estremo e terrebbe persino lontane le zanzare!
Secondo alcuni, infine, dietro al “mistero” si celerebbe né più né meno che una azzeccata strategia di marketing che va avanti ormai da decenni, prima attraverso il passaparola, poi con la fotografia e oggi grazie ai social come Instagram, dove l’hashtag #Chefchaouen raccoglie quasi un milione di post.
Nonostante attiri un numero sempre maggiore di visitatori, la cittadina marocchina è ancora lontana dalle principali vie turistiche e vi si respira un’aria di relativa autenticità.
La palette cromatica di Chefchaouen
Abbiamo provato a definire una palette in base ai colori diffusi per i caratteristici vicoli e le splendide piazzette di Chefchaouen, che spesso hanno nomi spagnoli che tradiscono l’origine iberica dei primi abitanti.
Alcune di queste tinte — il blu Anice, il bianco Cocco e il marrone Nocciola — assomigliano molto a quelle della linea di vernici per effetti materici Vintage Prestige di Rio Verde, disponibile in dieci colori pastello, con la possibilità però di creare molte altre sfumature usando il Cocco come base.
Suggeriamo — come abbiamo già fatto con la “palette Balat”, la “palette Colmar” e la “palette Rainbow Row” — di usare i colori di Chefchaouen come ispirazione per decorare la casa. Con Vintage Prestige, che è a base d’acqua e a effetto materico, si può dipingere davvero di tutto, dal legno al vetro, dalla plastica ai metalli, dal muro ai tessuti.