Una giovane famiglia felice tiene un tetto di cartone sopra la testa in una nuova casa subito dopo il trasloco, con attorno gli scatoloni

Cos’è il “Manifesto dell’abitare” lanciato al Fuorisalone

Lo scorso settembre è andata in scena un’edizione atipica della storica Design Week di Milano. Causa pandemia, si è scelto un periodo “fuori stagione” (tradizionalmente l’evento si tiene in aprile) e un nuovo format espositivo. In linea con il clima di eccezionalità che circonda da quasi due anni la vita di tutti noi, anche il tema principale del Fuorisalone puntava sui cambiamenti. Eventi, incontri e presentazioni, infatti, ruotavano attorno all’argomento “Nuove forme dell’abitare”. In tale sede è anche stato presentato un bel progetto nato dalla collaborazione tra più realtà. È Il Manifesto dell’abitare, pensato come strumento utile alla progettazione degli spazi domestici del futuro.

Che cos’è Il Manifesto dell’abitare?

Rendering di un'abitazione, sullo sfondo delle piantine della casa disegnata col gesso sulla lavagna

Nella primavera del 2021 Strategy Innovation — un’impresa di consulenza strategica nata come spin-off dell’Università Ca’ Foscari di Venezia — organizzò una serie di incontri. L’iniziativa si concretizzò grazie alla collaborazione con Fuorisalone, con Studiolabo (lo studio creativo che il Fuorisalone l’ha fondato) e con una serie di aziende. Sotto al titolo di Il Laboratorio dell’abitare, il progetto mirava a immaginare un nuovo valore per il luogo domestico. Valore non più misurato in metri quadri ma in quantità e qualità di relazioni generate dallo spazio.

Proprio a partire da quel laboratorio è stato elaborato Il Manifesto dell’abitare. Gli ideatori l’hanno concepito come un dispositivo al servizio di architetti, designer e urbanisti. L’idea è stimolare a pensare le singole stanze, la casa e l’abitare in generale in base a nuovi paradigmi. Questo in un momento in cui gli spazi domestici stanno iniziando a cambiare in maniera sempre più evidente, con la pandemia ad accelerare i “sommovimenti” che già stavano iniziando a presentarsi.

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Il concetto di Di-Stanza

Una giovane coppia in uno spazio domestico molto luminoso, moderno e multifunzionale

Ciò che è emersa prepotentemente, nel corso di questi mesi fatti di spazi sociali negati e di reclusione, è la necessità di un nuovo equilibrio.
«Il paradosso che regola qualsiasi forma di co-abitazione si muove tra i due estremi della socialità e dell’individualità. Tra lo stare insieme in comunità, in famiglia o in coppia e lo stare da soli, liberi da vincoli relazionali» scrive Gian Paolo Lazzer, responsabile dell’Osservatorio Future Business Model Strategy Innovation.
Come si fa dunque a conciliare i due opposti?
Secondo Lazzer occorre cercare «la giusta distanza, sia essa fisica o sociale. Non sempre, infatti, vi è una diretta proporzione fra la prima e la seconda, come per esempio all’interno di un autobus, dove esistenze agli antipodi arrivano addirittura a sfiorarsi. Per calcolare la giusta distanza, compresa fra i due estremi vicinanza-lontananza, bisogna tenere conto degli elementi psicologici, sociali e culturali, oltre che fisici, che definiscono tali estremi. Per questo motivo per progettare gli spazi abitativi servono competenze eterogenee. Progettare la giusta distanza diventa allora un’arte collettiva».

Nel Manifesto le distanze e le stanze si uniscono per diventare di-stanze, che vanno «ridisegnate quotidianamente dai suoi abitanti che ne tracciano i confini e ne definiscono l’essenza».

12 spazi per l’abitare del domani

Una giovane coppia con lo sguardo sognante, circondata da uno spazio domestico disegnato, e dunque immaginato

Suddiviso in tante sezioni quante sono le aree della casa, il Manifesto inizia dal salotto e passa in rassegna cucina, camera da letto, cameretta, bagno, studio, palestra. E dall’interno si sposta all’esterno: ci sono anche giardino, serra e garage.
Tra i tanti spunti che escono fuori dal documento ci sono idee che arrivano dalla letteratura, dall’arte, dalla sociologia, dalla psicologia e dall’economia.

Un ulteriore capitolo è dedicato al quartiere, facendo notare come la distinzione tra vita pubblica e privata oggi non sia più cosi netta. «Alcune caratteristiche della casa iniziano ad apparire anche nei bar, negli uffici, nei musei, nelle piazze e persino negli edifici di passaggio, come aeroporti e stazioni. Il concetto di domesticità si mescola a quello di urbanicità» scrivono gli autori.
Un’ultima sezione è quella del generico vano, spazio volutamente indefinito che invita a immaginare ma anche a riconsiderare l’importanza del vuoto e del silenzio.

Interessante dunque per chi progetta ma anche per chi, semplicemente, abita, Il Manifesto dell’abitare si può leggere e scaricare qui.

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