Mi chiamo Camilla, sono una blogger non vedente.
Come un alchimista che tenta di trasformare il metallo in oro, io lavoro per trasformare l’oro – il colore oro – in una sensazione. Ho sempre pensato che l’oro rappresentasse perfezione, gioia, onnipotenza. Nessuno può crearlo, moltissimi lo sognano. Sono d’oro le medaglie dei campioni che salgono sul gradino più alto del podio, le vetrine del lusso lungo i boulevard di Parigi. Sono d’oro i capelli del Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry e, naturalmente, sono d’oro i gioielli preziosi.
Molti dei miei ricordi di bambina sono legati all’oro: discendo da una dinastia di gioiellieri, infatti. Prima mia nonna, poi mia mamma, hanno gestito una gioielleria a Cisterna di Latina, il paese dove sono cresciuta. Le vetrine, i fiocchi dei regali che non si sciolgono mai, tanto è il desiderio di scartarli. Ricordo perfettamente l’odore dei panni di velluto che, srotolati, facevano da cuscino per bracciali e collane sfavillanti. Quel colore, in tutte le sue sfumature – giallo, bianco, rosa – mi rapiva e mi riempiva.
Quattro anni fa ho percorso il Vicolo d’Oro di Praga, noto anche come via degli Alchimisti. Volevo visitare la casa dove per un periodo visse Franz Kafka: poi, però, mi sono lasciata prendere e condurre attraverso la storia di quelle case dove, secondo una leggenda, vissero gli alchimisti incaricati, per conto di Rodolfo II d’Asburgo, di trasformare il metallo in oro, di produrre l’elisir di lunga vita e anche la pietra filosofale. Le vite e le vicende di quegli uomini, reali o immaginati, mi hanno molto colpito e decisamente suggestionato. Ecco perché, ancora oggi, l’oro, per me, è soprattutto una suggestione. Un ricordo, una sensazione, un’atmosfera. Qualcosa di prezioso, qualcosa che si può provare a raggiungere, ma che non si possiederà mai davvero.