Mi chiamo Camilla, sono una blogger non vedente
È il colore della consolazione per chi arriva terzo. Meno importante dell’argento e l’oro ma sempre motivo di orgoglio. È il colore di chi ce l’ha messa tutta ma non ha raggiunto il primo posto, è il colore del risultato raggiunto a fatica, strappato con i denti. È un’età preistorica, è il colore delle statue, dei vasi, delle anfore greche e di quelle romane. È il colore dello scudo che difende e protegge i cavalieri in battaglia, delle lampade magiche. Famoso e idolatrato, sognato a Riace. Il bronzo, il colore delle signore, simile a l’oro e forse più elegante da indossare.
Ricordo che il primo paio di scarpe per così dire elegante, mi è stato comprato quando avevo circa un anno. È probabile che i ricordi che ho di quelle scarpette siano soprattutto prodotti dei tanti racconti che mi sono stati ripetuti. Erano lucide, naturalmente color bronzo: penso fossero un 22, non di più. Mia madre diceva che le adorava perché potevano essere abbinate con tutto. Ideali sotto il rosa, sotto il grigio, il beige e il bordeaux. Il bronzo mi ricorda le risate con i miei fratelli quando, bambini, ripetevamo la rima bronzo/str… come fosse una filastrocca proibita. Anche il mio pallone preferito era di un colore simile al bronzo: uno di quei palloni di cuoio, grossi e pesantissimi. Sembrava uno di quelli utilizzati dai calciatori professionisti egli ani 60.
Devo ammettere che il bronzo mi piace ancora oggi: non tanto abiti, ma scarpe. Il bronzo ha un’eleganza innata, capace di rendere chic anche una scarpa da ginnastica. Basta un brillantino, una borchia, un laccio o un dettaglio e la scarpa diventa particolare.
Come ormai avrete capito, ho sempre avuto la passione per il calcio e per tutti gli sport con la palla in generale. Alle elementari avevo una maestra di educazione fisica molto brava. Con neanche troppi sforzi era riuscita a inserirmi in una squadra di palla a mano. Mi divertivo a giocare con i compagni e, dopo gli allenamenti, arrivarono i primi tornei. Ne ricordo uno in particolare: si chiamava Torneo Topolino. Ero agitatissima, era la mia prima competizione. La nostra squadra si classificò terza e, come da prassi, ci misero al collo una medaglia bronzo, con impressa la faccia di Topolino. La adoravo: credo di non essermela tolta più almeno per le successive tre settimane.